lunedì 20 dicembre 2010

Karl

Karl, quando uno lo vede ispira solidita'. Uno serio, tranquillo, di poche parole, che non si da' arie. Uno di quelli che se non lo conosci pensi che deve aver fatto il muratore, oppure praticato arti marziali, e io non lo so che lavori ha fatto, ne' se abbia praticato arti arziali, ma so che si e' laureato lavorando, e poi si e' anche sposato, e ha avuto un bimbo, e nel frattempo ha continuato a lavorare e a studiare per il dottorato. Non ci ho mai parlato, ma so che tutti lo stimano e lo rispettano. Karl non viene a lavorare da un po'. Ma giovedi' scorso ha partecipato al cocktail pre-natalizio con tombolata organizzato in dipartimento. Quella mattina e' arrivata una e-mail della moglie di Karl, e la segretaria l'ha girata a tutto il dipartimento. Diceva che a Karl avrebbe fatto piacere partecipare, che lei lo avrebbe accompagnato volentieri se poi qualcuno avesse potuto riaccompagnarlo a casa. E infatti qualcuno lo ha poi riaccompagnato, e cosi' Karl ha passato il pomeriggio con i suoi colleghi. Un paio di settimane fa era girato un altro messaggio, e diceva piu' o meno cosi': "Cari amici, oggi purtoppo abbiamo ricevuto una brutta notizia circa la salute di Karl. La terapia non funziona piu' e le metastasi sono ormai diffuse. Non so come affronteremo questo, ma so che dobbiamo prepararci, e che devo prendere congedo da lui. I medici dicono che adesso Karl puo' tornare a casa, io sono contenta che lui possa farlo, e che possa passare del tempo insieme a noi".


 


La scorsa notte Karl se ne e' andato tranquillamente come ha vissuto, dopo due giorni di coma, senza dolore e senza sondini, come aveva voluto che fosse. Aveva trent'anni, Karl, e una sua certa idea di dignita'.

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